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Eccidio di piazza Martiri, i centenari alla commemorazione

Il sindaco Marco Cavicchioli durante il suo intervento alla commemorazione dell'eccidio di piazza Martiri nel 2017

Le parole di Aldo Sola, 103 anni, lette dal presidente provinciale Anpi Gianni Chiorino, l'immancabile figura di Silvio Biasetti, sull'attenti e con il cappello con la penna nera, che di anni ne ha 104, la presenza accanto al palco dei relatori di Gianvittorio Bonino, che aveva solo dieci anni quando il padre partigiano lo portò in clandestinità perché potesse restare più al sicuro: le loro testimonianze hanno segnato la commemorazione dell'eccidio di piazza Martiri, svoltasi la mattina del 4 maggio. Anche nel 1944, 73 anni fa, il 4 maggio era di domenica: fu il giorno scelto dai nazifascisti per mettere in atto una crudele rappresaglia. Tredici prigionieri incarcerati dopo un rastrellamento sulle montagne della valle Elvo vennero condannati a morte senza processo. «Ma non bastavano» ha ricordato nella sua orazione Gianni Chiorino. «Ne cercarono altri otto all'ospedale, tra i feriti in combattimento o dopo le torture. Furono fucilati non tutti insieme ma a gruppi, in modo che i condannati, per presentarsi davanti al plotone d'esecuzione, fossero costretti a calpestare i corpi dei loro amici. E i cadaveri vennero lasciati in piazza, monito per la popolazione, e per decisione del comando tedesco la sepoltura doveva essere in una fossa comune e fuori dal recinto sacro del cimitero. Solo la mediazione del Vescovo fece sì che potessero avere almeno delle bare».

«Passare davanti a questa lapide ogni giorno ravviva il dolore» ha sottolineato il sindaco Marco Cavicchioli, dopo aver deposto insieme al Prefetto Anninziata Gallo la corona d'alloro sotto la lapide con i nomi delle 21 vittime. «Basta guardare l'età: erano ventenni o poco più, qualcuno addirittura più giovane. Ma erano già pronti a combattere e a sacrificare la loro vita per l'ideale della libertà. Ricordarli è un dovere. Era la meglio gioventù di Biella che si sollevò per contrapporsi alla banda criminale che occupò lo Stato, privando la popolazione di quella democrazia, sia pure incompleta, che aveva conosciuto. Oggi ci domandiamo come sia potuto succedere. Chiediamocelo e pensiamo al presente, perché tutto è accaduto in Italia e in Germania, nazioni evolute. E i fascisti e i nazisti erano persone intellettualmente preparate, non selvaggi. Anche se il loro regime lo era». Un concetto ripreso da Gianni Chiorino: «Ci chiediamo quale sia il significato della Resistenza oggi. La verità è che i fascismi sono ancora numerosi: l'attentato a Londra di poche ore fa è un attacco alla libertà, all'uguaglianza sociale, ai valori in cui tutti noi crediamo. Il razzismo e l'intolleranza sono fascismi. Siamo italiani, siamo europei, difendiamo i valori che condividiamo». Parole che hanno preceduto un simbolo, voluto proprio dal presidente Anpi: la cerimonia si è chiusa con la Banda Verdi, che ha accompagnato la commemorazione e il corteo, che ha eseguito prima l'Inno di Mameli e poi l'Inno alla Gioia di Beethoven, inno dell'Unione Europea.

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