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In via Marochetti 2 inquilini volontari e il "portierato sociale"

Lo stabile di via Marochetti 2

Il condominio comunale di via Marochetti 2 vuole diventare un modello di convivenza: i residenti si attiveranno per ritinteggiare, da volontari, le parti comuni e presto un appartamento al piano terra sarà assegnato a una famiglia in difficoltà perché collabori alla gestione dello stabile. Le novità sono previste in una delibera che la giunta ha approvato lunedì 17 ottobre.

«Subito dopo che il caso era finito sui giornali per l’occupazione abusiva di una delle cantine» afferma Francesca Salivotti, assessore ai servizi sociali, «abbiamo indetto una riunione con tutti i condomini che ha consentito di approfondire, oltre a quella segnalata, anche altre situazioni. Dalla riunione è emersa una realtà complessa caratterizzata da molti conflitti e difficoltà relazionali spesso riconducibili a problemi di convivenza tra i condomini. Vista la complessità della vicenda abbiamo deciso di intervenire sin da subito attivando la figura di un mediatore culturale che potesse iniziare un lavoro di stemperamento dei conflitti e di ricostruzione di relazioni positive tra i condomini. Con la delibera di oggi proseguiamo su questo percorso».

A luglio, al primo incontro con l’amministrazione, la ricostruzione della situazione ha mostrato i diversi problemi: uso improprio degli spazi comuni, muri imbrattati, immondizia fuori dai cassonetti, rumori nel cortile e sulle scale anche negli orari dedicati al riposo erano tra le segnalazioni che i residenti, italiani e stranieri, avevano fatto ad assessore e funzionari. «Anche attraverso il coinvolgimento di un mediatore culturale» sottolinea Francesca Salivotti «sono stati attivati i primi interventi e sin dai primi giorni successivi all'incontro di luglio alcuni condomini si erano resi disponibili a farsi parte attiva in questo percorso di recupero mettendo a disposizione le proprie competenze e il proprio tempo per svolgere piccoli lavori di manutenzione dello stabile come quello di tinteggiatura, a titolo di volontariato, delle parti comuni per ridare decoro all’edificio».

In questo caso, come negli altri progetti di welfare generativo attivati, Palazzo Oropa pagherà le spese per il materiale e le persone coinvolte si impegneranno a svolgere questi lavori. «La disponibilità dei condomini» rimarca l’assessore «è un gesto concreto e importante che deve essere sostenuto e valorizzato e che può essere la prima tappa di un percorso più ampio volto a recuperare una dimensione dell'abitare più serena, in cui la casa non è solo un luogo fisico ma anche un luogo di vita, di relazioni e di comunità». Per questo si sperimenterà in quel contesto una progettualità nuova, quella del portierato sociale, anche grazie all'articolo 21 della legge regionale 3/2010 che prevede proprio l'attivazione di questo tipo di percorsi. All'interno del condominio si è recentemente liberato un alloggio al piano terra, già svincolato dall'edilizia sociale, che potrà essere temporaneamente assegnato a un nucleo familiare in emergenza abitativa, disposto a svolgere un'azione di supporto e accompagnamento alla ricostruzione delle relazioni tra i condomini.

La famiglia sarà individuata, tra le situazioni conosciute dal servizio sociale e, oltre allo stato di bisogno, dovrà possedere alcuni requisiti e caratteristiche. Infatti, l'assegnazione sarà vincolata all'adesione a uno specifico progetto che vedrà i nuovi inquilini impegnati a favorire i rapporti di buon vicinato e a promuovere - in accordo con l'amministrazione - interventi di cura del bene comune: «Saranno come custodi sociali» spiega l’assessore. «Potranno pensare alle piccole manutenzioni, come il cambio delle lampadine o altri lavori semplici ma indispensabili. E rendendosi utili potranno collaborare a ricostruire legami sociali solidi, che coinvolgono anche loro, mentre vengono sostenuti e aiutati dalle istituzioni».

Si tratta di un ulteriore sperimentazione del principio di welfare generativo che il settore servizi sociali sta sperimentando da oramai due anni e che si fonda sul riconoscimento, a fianco del diritto a essere aiutati, il diritto/dovere di recuperare un ruolo attivo nel processo d'aiuto anche attraverso la "restituzione", sulla base delle proprie possibilità, alla comunità dell'aiuto ricevuto.

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